giovedì 24 gennaio 2013

Divinità On The Road


Per festeggiare l’apertura del blog, giacché siamo nel gennaio del 2013, giacché abbiamo superato indenni i Maya e tutto quello che si portavano dietro (UFO, cataclismi, serpenti piumati ecc.), che c’è di meglio che partire con un libro che parla proprio di divinità?
Sì, esattamente quelle divinità che si studiano a scuola, nell’epica e nei libri di storia, ma rivisitate in una certa salsa contemporanea e memorabili protagoniste di un viaggio on the road per le strade degli Stati Uniti.
Sto parlando di… *rullo di tamburi*

AMERICAN GODS
di Neil Gaiman

Anzitutto, due parole per spiegare chi è Neil Gaiman (io dico solo che darei un rene per avere la sua immaginazione, l’altro lo darei a Eiichiro Oda): 



Neil Richard Gaiman nasce nel 1960 a Portchester, in Gran Bretagna. Inizia la sua carriera come giornalista ma è come fumettista che ottiene la fama, in particolare con la serie chiamata “The Sandman” (pubblicata in Italia da Magic Press). Nel mentre scrive racconti, specie di fantascienza, romanzi, sceneggiature, favole, e lavora anche in ambito musicale.
Volendo comunque soffermarmi sul Gaiman romanziere, segnalo in particolare quattro dei suoi romanzi più famosi: “Stardust”, “Nessundove”, lo stesso “American Gods” e il suo ideale seguito “I ragazzi di Anansi”.

La prima pubblicazione di “American Gods risale al 2001 e frutta a Gaiman un premio Hugo per il miglior romanzo (oltre che un premio Nebula – miglior romanzo di fantascienza – e un Bram Stoker per il miglior romanzo dell’orrore). Esce in Italia nel 2003, pubblicato da Mondadori nella collana “Piccola Biblioteca Oscar”. 



Di seguito la trama del romanzo fornita dall’editore:



Dopo tre anni di prigione Shadow sta per tornare in libertà quando viene a sapere della morte misteriosa della moglie e del suo migliore amico. Sull'aereo che lo riporta a casa l'uomo riceve una proposta di lavoro da un tipo piuttosto enigmatico, Mister Wednesday: Shadow accetta, ma gli servirà ancora qualche tempo per scoprire chi sia in realtà il suo capo, chi siano i suoi compagni d'affari e chi i suoi concorrenti.

Bene. Come punto di partenza direi che non c’è male, no?
Ora, fornisco io un nuovo indizio: “Dio è morto”, diceva Nietzsche. “No, è solo emigrato”, risponde Gaiman. Perché, Shadow e la non-morta Laura a parte, i personaggi del romanzo (Mister Wednesday, il signor Ibis, Anansi, Chernobog, Bilquis, Mad Sweeney e una girandola d’altri) non sono altro che divinità del Vecchio Mondo trapiantate e sopravvissute nel Nuovo, ossia negli Stati Uniti.

« Venendo in America la gente ci ha portato con sé. […] Siamo arrivati fin qui viaggiando nelle loro menti, e abbiamo radici. Abbiamo viaggiato con i coloni, attraversato gli oceani, verso nuove terre. […] Ben presto la nostra gente ci ha abbandonato, ricordandosi di noi soltanto come creature del paese d'origine, creature che credevano di non aver portato nel nuovo mondo. I nostri fedeli sono morti, o hanno smesso di credere in noi, e siamo stati lasciati soli, smarriti, spaventati e spodestati, a cavarcela con quel poco di fede o venerazione che riuscivamo trovare. […] Vecchi dèi, in questa nuova terra senza dèi. »

Sono esseri privi di punti di riferimento, tali appaiono nel corso della narrazione, spesso incapaci di far fronte al mutamento dei secoli e al fatto che la gente abbia smesso di credere in loro. Provengono dai pantheon più diversi (norreno, africano, slavo, egizio, irlandese, nativo americano, induista) e sono tutti molto interessati a Shadow, per motivi che lui stesso ignora, che io non vi anticipo ma che verranno chiariti nel corso della narrazione. Al seguito e per ordine di Wednesday, ha inizio l’avventura di Shadow in giro per l’America, in un lunghissimo vagabondare che lo porterà a toccare Illinois, Wisconsin, Missouri, Virginia e Kansas, con un’unica missione: salvare i Vecchi Dèi.
La minaccia che incombe su di loro e sul mondo intero, infatti, è nientemeno quella di una guerra: Nuovi Dèi hanno invaso il mondo degli uomini, gli dèi della tecnologia, dei media, del denaro. Sono quegli gli dèi a cui gli esseri umani ormai credono, e per i vecchi non c’è più spazio.
Shadow partirà dunque per un viaggio di cui ignora dapprincipio tutto quanto, la destinazione, lo scopo ultimo; ma sarà proprio durante questo viaggio che raggiungerà la consapevolezza delle sue vere origini, dei suoi poteri e del suo ruolo nella stabilità dell’universo.
A fare da cornice ai capitoli dedicati alla saga principale abbiamo dei pregevolissimi racconti brevi dedicati all’arrivo delle varie divinità in America nel corso dei secoli, racconti che si innestano alla saga principale tramite il signor Ibis, che è colui che li compila.

Non avendo io a disposizione un trailer del libro, e nemmeno ahimè un trailer della serie tv HBO di prossima produzione (si parlava addirittura di quest’anno), vi regalo un video di Neil Gaiman che legge un estratto durante una convention a Mantova:


Per quanto riguarda il mio giudizio, comincio col dire che io adoro Neil Gaiman (ho pur detto che darei un rene per avere la sua immaginazione, no?). E tuttavia ci sono libri che si leggono in due giorni e libri che si leggono in venti. Io questo l’ho letto in venti. Non tanto per una questione di pagine (sono poco più di cinquecento), ma perché il buon Gaiman ha un difetto: è intrinsecamente lento. E con questo non voglio dire che “American Gods” sia un brutto libro. “American Gods” è un buon libro, di grande atmosfera, la cui struttura complessiva regge benissimo, e ha in generale una compattezza narrativa invidiabile. Un on the road per le autostrade dell’America certamente atipico, che non manca della giusta dose di suspence per quanto riguarda il destino di Shadow. E dove sta il problema, allora? Il problema sta nel fatto che Gaiman, quando ci si mette, riesce ad essere estremamente denso di particolari anche irrilevanti. Per questo trovo che sia al suo massimo nei racconti e nei romanzi che non superano le trecento pagine (vedi alla voce: “Nessundove”).
Ne segue che la narrazione è molto rallentata, si supera la metà senza avere ancora la più vaga idea di dove voglia andare a parare la faccenda, e gli indizi che vengono seminati e raccolti pian piano creano sì un senso di aspettativa ma anche un sospetto: che tutto si risolverà in una bolla di sapone. Si arriva alle ultime cento pagine con tanta – forse troppa – carne al fuoco e il tremendo sentore che non sarà mai cotta a puntino. Nel mio, caso, in effetti, non lo è stata: tanta aspettativa e tanta attesa non per il finale col botto che mi aspettavo (e che la vicenda avrebbe meritato) ma per una conclusione decisamente sotto tono e sbrigata in troppo poche pagine. Neil, Neil, se soltanto avessi calibrato meglio i tempi! Se soltanto avessi perso meno tempo dietro alle minuzie delle sperdute cittadine americane!
… posto il fatto che, come ho detto, a parte questa défaillance finale il romanzo si legge parecchio bene e anche con una buona quota di interesse. Bisogna prenderlo con la dovuta calma e pazienza, ecco tutto, e con la consapevolezza che non è (né vuole essere) un romanzo epico.
Menzione d’onore per i racconti-cornice sull’arrivo degli dèi in America: eccezionali, lì ho ritrovato davvero il Gaiman che amo.


I dati del libro, per chi fosse interessato all’acquisto:
Titolo: “American Gods”
Autore: Neil Gaiman
Editore: Mondadori
Pagine: 523
Prezzo: 11,00   

Che dire… la prima fatica si è conclusa, spero che abbiate gradito! Se vorrete lasciarmi un feedback ne sarò felice, e in ogni caso spero di ritrovarvi alla prossima recensione, fra una settimana circa!

A presto! 

9 commenti:

  1. Macciao! :* Innanzitutto, auguri per il nuovo blog! ^*^ Spero ti porti molte soddisfazioni!

    American Gods è uno dei miei libri preferiti, e forse il capolavoro di Gaiman. Il tema principale (quello dei vecchi Dei che emigrano e mendicano venerazione e preghiere) mi è piaciuto da morire, e ci sono delle scene che ricorderò per sempre. Però concordo sulla lentezza intrinseca: American Gods non è un libro che si divora, ma va "assorbito" piano piano, frase dopo frase.

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    1. Come dice un mio amico: "è un on the road sì, ma a piedi"! ;D

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    2. E comunque... l'accento britannico di Gaiman mi stende ogni volta.

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  2. Ma ciao, io adoro le tue recensioni, e adoro anche Neil Gaiman, questo di libro non l'ho letto però ho amato alla follia Nessundove.

    Ciao ciao.

    -Yuko-

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    1. Ma ciao Yuko, che piacere! *_* Sono contenta che le mie recensioni ti piacciano, spero che continuerai a seguirmi e concordo su "Nessundove" (arriverà pure lui, pian piano!). <3

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    2. Ma certo che ti seguirò ** e poi sono sempre a caccia di nuove letture. Ho scoperto che i blog sono molto più affidabili sui libri che le case editrici e i giornali appositi.

      -Yuko-

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    3. Be', le case editrici ovvio che tirino acqua al loro mulino... circa i giornali appositi, spesso appartengono alle stesse case editrici e idem, tirano acqua al mulino! XD (Vedi Cosmopolitan che è sotto Mondadori, tanto per fare un esempio.)

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  3. Sì, ma non sono obiettivi, alle volte ti ritrovi a leggere delle cose improponibili.

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    1. Appunto, quello intendevo dire. XDDD Non sono quasi mai obiettivi.

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